Più memoria equivale a più intelligenza?

Il rapporto tra memoria ed intelligenza è cambiato nel tempo ed è di difficile definizione. Non necessariamente a migliore memoria corrisponde una maggiore intelligenza. Ma è vero anche il contrario? È possibile trovare persone intelligenti che abbiano poca memoria?

Dipende, in gran parte, dalla definizione di intelligenza che adottiamo. Se per intelligenza intendiamo la definizione biologica, cioè la capacità di adattamento e trasformazione funzionale, è difficile trovarne esempi in individui che non abbiamo anche la capacità di memorizzare (per esempio tutti i tentativi errati, in modo da imparare dalle esperienze negative e dagli sbagli, cosa necessario per l’evoluzione umana). Gli psicologi, dagli anni 1980, hanno però rivoluzionato il concetto di intelligenza. Howard Gardner, uno psicologo cognitivo di Harvard,
ha pubblicato nel 1983 un libro Frames of Mind in cui parla di sette (oggi diventate nove!) forme diverse di intelligenza. Ci sarebbe una intelligenza linguistica e una logico-matematica (quelle che, nella nostra cultura, sono state per prime riconosciute ed apprezzate, tanto da essere diventate tout-court la forma stessa di intelligenza), ma anche una intelligenza musicale, una spaziale, una cinestesica, una interpersonale ed una intrapersonale, fino ad arrivare a quella naturalistica (oggi, probabilmente, la meno apprezzata... ma smarritevi in un bosco o provate a vivere per un mese tra esquimesi o aborigeni e poi vedete ;-)

Ognuno di noi presenta un profilo individualizzato di intelligenze: io posso avere un’alta intelligenza musicale ed una linguistica piuttosto bassa, oppure entrambe alte o bassissime. Ovviamente, all’interno del proprio profilo, la memoria gioca un ruolo specifico. Difficilmente un musicista è bravo se non è in grado di memorizzare note e spartiti (la sua capacità di concentrazione e la sua fluidità ne verrebbero compromesse), difficilmente riusciremo graditi ed abili in società se non ci ricordiamo i nomi delle persone, le loro caratteristiche, le storie che ci hanno raccontato l’ultima volta che le abbiamo incontrate e così via. Del resto, così come le intelligenze anche il concetto di memoria si è notevolmente ampliato mostrandoci come si tratti di un sistema multicomponenziale integrato, pur se funzionante con moduli indipendenti.

Per tornare alla domanda di partenza, quindi, tra memoria ed intelligenza esiste un rapporto complesso che non può essere semplificato o banalizzato. Dobbiamo far crescere sia la nostra idea di intelligenza, che quella di memoria: la prima non è solo parlare bene o far bene di conto, la seconda non è solo pedissequa e pappagallesca ripetizione.

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Il secolo che sta volgendo al termine è stato dominato dagli acidi nucleici e dalle proteine. Il prossimo si concentrerà sulla memoria e sul desiderio. Sarà in grado di rispondere alle domande che questi temi sollevano?
François, Jacob, Il topo, la mosca e l’uomo (1998)