Cosa intendiamo quando parliamo di memoria?

In un mondo ideale, le parole hanno un significato univoco che corrisponde perfettamente e per tutti ad un unico stato del mondo. La memoria, per esempio, dovrebbe evocare a tutti un unico concetto. In realtà, non è così. Come sottolinea acutamente Endel Tulving in un’opera che vorrebbe rappresentare lo stato dell’arte sulla memoria all’inizio del nuovo millennio (The Oxford Handbook of Memory), memoria significa almeno sei cose diverse. Analizziamole insieme.
1) Memoria è una capacità neuro-cognitiva di codificare, immagazzinare e richiamare informazioni;
2) Memoria è un magazzino (ipotetico) in cui le informazioni vengono archiviate
3) Memoria è l’informazione contenuta in quell’archivio
4) Memoria è una proprietà di quella informazione
5) Memoria è un processo componenziale di richiamo di quella informazione
6) Memoria è la consapevolezza fenomenica individuale del ricordare.

In ambito psicologico e neuro-psicologico, o clinico, la memoria è intesa nel primo significato. Se un medico dicesse di voler testare la vostra memoria o quella di un vostro parente, si proporrebbe di misurare le vostre capacità neuro-cognitive, magari per verificare se ci sono deficit o problemi in queste funzioni.
Quando invece, soprattutto nel linguaggio comune, ci proponiamo di ricordare qualcosa (esempio: questo me lo devo mettere in memoria), facciamo riferimento al magazzino delle memorie e non alla nostre capacità cognitive.
Diverso è il caso in cui pensiamo all’amnesia come ad un indebolimento della memoria, ai cambiamenti della memoria con il tempo o al fatto che una lesione in un’area cerebrale (per esempio ai lobi medio-temporali) si traduce in una perdita delle memorie recenti più che della memoria a lungo termine. In tutti questi casi, usiamo il termine come un sinonimo di “cose ricordate”, quindi non di processo o di funzione o di magazzino, ma di contenuti.
Se invece parliamo di memoria come di una funzione della profondità e ricchezza dell’elaborazione (codifica) delle informazioni, stiamo intendendo una certa proprietà dei contenuti memorizzati, che fa riferimento probabilmente alla profondità di una traccia di memoria o alla sua accessibilità.
Quando – soprattutto in gergo scientifico – misuriamo le prestazioni di un individuo in un certo compito ed analizziamo singolarmente le singole fasi del compito (memoria, decisione, azione, eccetera), parliamo di memoria come in un processo che si compone di vari momenti.
Infine, quando – sarà capitato a tutti – diciamo: “non ne ho memoria, non me lo ricordo”, significa non solo che non abbiamo un ricordo, ma siamo ad un meta-livello (diciamo così, ad un secondo livello): stiamo cioè rendendoci conto di non avere un ricordo, quindi stiamo riflettendo sulle nostre memorie.

È verosimile che – la maggior parte delle volte – il contesto ci consenta di capire quale è il senso in cui il termine “memoria” viene impiegato. In ambito scientifico, però, sarebbe euristicamente più funzionale essere molto chiari nell’uso dei concetti usati e parlare non di memoria in generale, bensì, di volta in volta, di magazzino di memoria, informazione memorizzata, traccia di memoria, forza della traccia, ricordo e recupero di memoria, eccetera. Aiuterebbe, anche chi non sa nulla di memoria, a capire come è possibile avere una memoria che contiene una memoria che contiene una memoria che contiene una memoria che contiene…

Da: Endel Tulving, I concetti di memoria. Contenuto in: Endel Tulving e Fergus I.M. Craik (ed), The Oxford Handbook of Memory, Oxford University Press, 2000

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François, Jacob, Il topo, la mosca e l’uomo (1998)