Il caso S.

Solomon Seraseveskij è un ebreo russo di cui non si conosce esattamente la data di nascita. E’ diventato famoso grazie allo studio condotto su di lui da parte del neuropsicologo russo Aleksandr Lurija nell’estate del 1965 e pubblicato nel 1975 con il titolo The mind of a mnemonist (Una memoria prodigiosa).

La storia inizia – sembra - negli anni venti. Un giorno, Seraseveskij compare nello studio di Lurija (al tempo poco più che ventenne, giovane psicologo con un interesse per Freud e la nascente psicoanalisi), chiedendogli di esaminare la sua memoria. Motivo della richiesta: le lamentele del suo capo, indispettito dal fatto che S non prenda mai appunti. Lurija accetta e sottopone questo uomo apparentemente timido e confuso a qualche test standard per la memoria. Vedendo la facilità con cui S esegue i compiti, Lurija alza progressivamente il livello di difficoltà, ma ben presto rimane disorientato: S contrasta tutte le conoscenze sulla memoria e non sembra avere limiti nella sua capacità di memorizzazione. In pochi minuti, S riesce a ricordare sequenze anche lunghissime, grazie ad una strategia di elaborazione spontanea di carattere visivo. Nel 1936, Lurija trascrive quello che S dice: “Quando sento la parola verde, appare un vaso verde con dei fiori, la parola rosso mi fa vedere un uomo con una camicia rossa che mi si avvicina, azzurro è qualcuno che da una finestra sventola una bandiera.” Analogamente, il numero 1 è un uomo fiero, diritto, il 3 un uomo accigliato, il 7 un uomo con i baffi, l’8 una donna grassa, l’87 è una donna grassa con un uomo che si torce i baffi…

S abbandona il suo lavoro di redattore e trasforma la sua memoria in lavoro. Decide inoltre di potenziare la sua memoria con la tecnica dei loci: userà dapprima la cartina di Mosca, il percorso che unisce piazza Majakovskij a via Gorky, per ampliarla progressivamente in modo da arrivare fino alla cittadina di Torzhok, dove era vissuto da piccolo.
Lurija e il suo allievo, Vygotsky, scopriranno che la memoria non è la sola particolarità di S: è un sinestetico in misura estrema, per lui le voci e la musica sono colori in movimento, sceglie i piatti in base al sapore delle parole. Lurija ipotizza che queste due facoltà siano interdipendenti e possano spiegarsi in associazione: la loro unione risponde delle grandissime associazioni che S è in grado di produrre spontaneamente. Grazie a queste concatenazioni multisensoriali può disporre di un archivio estremamente sofisticato di tracce per associazione: a distanza di 10-15 anni poteva ricordare qualcosa perché ne riassaporava il sapore o ne rivedeva il colore originale o il suono (“come posso dimenticarmi questo recinto? – chiede S a Lurija – ha un sapore talmente salato, ruvido sulla lingua…e poi manda un suono così acuto e lacerante”).

Le straordinarie abilità sinestetiche e mnemoniche avevano però anche un lato oscuro. S. non riusciva a capire il significato di parole astratte alle quali non corrispondesse una chiara rappresentazione (per esempio: niente), così come non capiva le metafore (le intendeva letteralmente), era schiavo delle sue immagini. Come scrive Lurija, una memoria perfetta è un handicap. È associata a difetti psichici severi che rendono impossibile una vita normale: c’è l’incapacità assoluta di ordinare i pensieri in maniera logica e astratta, un tripudio di dettagli che rende impossibile l’ordine essenziale, manca il senso di continuità perché soppiantato dal continuo cambiamento che occupa tutte le risorse: la vita è una continua successione di immagini a sé stanti.

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Il secolo che sta volgendo al termine è stato dominato dagli acidi nucleici e dalle proteine. Il prossimo si concentrerà sulla memoria e sul desiderio. Sarà in grado di rispondere alle domande che questi temi sollevano?
François, Jacob, Il topo, la mosca e l’uomo (1998)