"La memoria – la capacità di acquisire e immagazzinare informazioni, che siano semplici come i dettagli della routine giornaliera o complesse come la conoscenza astratta della geografia e dell’algebra – è uno degli aspetti più notevoli del comportamento umano. Ci consente di risolvere i problemi che affrontiamo nella vita di tutti i giorni schierando contemporaneamente numerosi fattori, un’abilità vitale per la risoluzione dei problemi. In un senso più esteso, la memoria garantisce la continuità della nostra vita. ci fornisce un quadro coerente del passato che colloca in prospettiva le esperienze in corso, un quadro che può non essere razionale o accurato, ma che comunque permane. Senza la forma agglomerante della memoria, le esperienze sarebbero scisse in tanti frammenti quanti sono i momenti della vita. Senza la possibilità di compiere viaggi mentali nel tempo, conferita dalla memoria, non avremmo la consapevolezza della nostra storia personale, né modo alcuno di ricordare le gioie che fungono da nette pietre miliari della nostra esistenza. Siamo quelli che siamo per via di ciò che impariamo e di ciò che ricordiamo.
I nostri processi mnemonici ci sono di ulteriore giovamento per il fatto che ci permettono di ricordare agevolmente gli eventi felici e diluire l’impatto emotivo di fatti traumatici e dolorosi. Ma a volte, vi sono memorie di orrori che persistono e danneggiano le vite delle persone, come accade nei disordini da stress post-traumatico, una condizione di cui soffrono molti di coloro che hanno sperimentato in prima persona le terribili vicende dell’Olocausto, oppure guerre, rapimenti e disastri naturali.
La memoria è essenziale non solo per la continuità dell’identità individuale, ma anche per la trasmissione della cultura e per l’evoluzione e la continuità delle società nel corso dei secoli. Anche se da quando l’Homo sapiens ha fatto la sua prima comparsa nell’Africa orientale, circa 150.000 mila anni fa, le dimensioni del cervello non sono cambiate, la capacità di apprendimento dei singoli esseri umani e la loro memoria storica sono cresciute lungo i secoli per mezzo dell’apprendimento condiviso, vale a dire attraverso la trasmissione della cultura. L’evoluzione culturale, una modalità di adattamento non biologica, agisce in parallelo all’evoluzione biologica come mezzo per trasmettere la conoscenza del passato e i comportamenti adattativi attraverso le generazioni. Tutti i conseguimenti dell’umanità dall’antichità fino ad oggi, sono i prodotti di una memoria condivisa accumulata nel corso dei secoli, per il tramite sia di registrazioni scritte sia di una tradizione orale salvaguardata con cura.
Come la memoria condivisa arricchisce le nostre vite a livello individuale, così la perdita della memoria distrugge il nostro senso del sé. Recide la connessione con il passato e con le altre persone, e può manifestarsi durante lo sviluppo infantile oppure colpire un adulto in età matura. La sindrome di Down, il morbo di Alzheimer e la perdita di memoria correlata all’età avanzata sono esempi ben noti delle molte malattie che danneggiano la memoria. Oggi sappiamo che i disturbi della memoria contribuiscono anche all’insorgenza di disordini psichiatrici: la schizofrenia, la depressione e gli stati d’ansia portano con sé l’aggravante di una funzionalità mnemonica difettiva.
La nuova scienza della mente reca la speranza che una maggiore comprensione della biologia della memoria possa condurre a cure più efficaci sia per la perdita di memoria sia per i ricordi dolorosi persistenti. In effetti, la nuova scienza avrà probabilmente delle ricadute pratiche su molte aree connesse alla salute, pur non limitandosi di certo alla ricerca di soluzioni per malattie devastanti: essa mira infatti a penetrare il mistero della coscienza, compreso il suo mistero ultimo, cioè il modo in cui il cervello di ogni persona crea la consapevolezza di un sé unico e ne determina la libera volontà".
Da: Eric R. Kandel, 2007, Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente, Codice, Torino
Che cos'è la memoria? Ce lo spiega un premio Nobel, Eric Kandel
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François, Jacob, Il topo, la mosca e l’uomo (1998)
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