I miti della memoria: Alois Alzheimer.

Alois Alzheimer (1864-1915) era un neuropatologo tedesco che per primo studiò i rapporti tra le alterazioni anatomiche cerebrali e i disturbi mentali. Il suo nome è associato a quella che è, probabilmente, la più terribile malattia della memoria: la demenza di Alzheimer. Dimostrò sin da giovanissimo qualità eccellenti nelle materie scientifiche e studiò medicina nelle università di Aschaffenburg, Berlino, Tubingen e Wűrzburg dove si laureò nel 1887, all'età di 23 anni. Fu nominato assistente clinico presso l'Asilo di Stato Irrenanstalt di Francoforte ed iniziò a lavorare interessandosi a ricerche sulla corteccia del cervello umano. Agli inizi del 1900 divenne noto per le sue pubblicazioni sull'arteriosclerosi cerebrale e diventò l'assistente ricercatore di Emil Kraepelin alla Scuola di Medicina di Monaco, creando un nuovo laboratorio per la ricerca sul cervello. Nel 1912, l'Università di Breslau nominò Alzheimer professore di Psichiatria e direttore dell'Istituto Neurologico e Psichiatrico. Morì nel 1915.

Nel 1907 descrisse il suo caso più celebre: quello di una paziente deceduta, proveniente dall’istituto per malati di mente di Francoforte, il cui sistema nervoso gli era stato sottoposto per studio poiché in vita aveva presentato un quadro clinico insolito che non poteva essere catalogato come disturbo conosciuto. Alzheimer, durante l’esame autoptico, rilevò le caratteristiche alterazioni isto-patologiche del cervello che sono alla base della malattia: placche senili, degenerazioni neuro-fibrillari a vortice e degenerazione granulo-vacuolare dei neuroni.
Il caso descritto da Alzheimer riguardava una donna di 51 anni, descritta dai parenti come ordinata, precisa e particolarmente attenta alla sua famiglia e alla sua casa. Improvvisamente, verso i 45 anni, la donna comincia a manifestare improvvisi (ed apparentemente ingiustificati) attacchi di gelosia nei confronti del marito e ad adottare comportamenti bizzarri ed inspiegabili, con frequenti dimenticanze e incapacità di orientarsi persino all’interno del suo stesso appartamento. Trasportava gli oggetti avanti e indietro e li nascondeva. Talvolta pensava che qualcuno volesse ucciderla e cominciava a urlare senza tregua. I famigliari – incapaci di trovare spiegazione alcuna per questi comportamenti se non la malattia mentale – la fecero internare.
Nell’istituto il suo comportamento era caratterizzato da una notevole confusione. Era totalmente disorientata nel tempo e nello spazio. Occasionalmente affermava di non capire e di non sapere dove si trovasse. Talvolta accoglieva il medico come se fosse un visitatore e si scusava per non avere finito il suo lavoro; talaltra gridava che la voleva ferire oppure lo respingeva con indignazione dicendo che temeva che egli attentasse alla sua castità. Periodicamente era totalmente delirante, trascinava il suo letto intorno alla stanza, chiamava suo marito e sua figlia e sembrava avere allucinazioni uditive.
La capacità di ricordare era gravemente disturbata. Denominava correttamente la maggior parte degli oggetti che le venivano indicati, ma subito dopo dimenticava nuovamente tutto. Quando leggeva andava da una riga all’altra, leggendo le singole lettere o ponendo un’enfasi inadeguata. Quando scriveva ripeteva le stesse sillabe diverse volte, ne tralasciava altre e si inceppava. Quando parlava usava frequentemente frasi confuse ed espressioni parafrasate (“quella per versare il latte” anziché tazza). Talvolta la si notava in un stato catatonico di immobilità assoluta. Con il passare del tempo sembrava non capire più l’uso di alcuni oggetti, né il senso delle domande che le venivano rivolte. L’ultimo stadio della malattia la viva in un stato confusionale assoluto. Passava il tempo per lo più a letto, giacendo con le gambe piegate sotto di sé, senza parlare né reagire agli stimoli esterni. Il decesso avvenne circa quattro anni e mezzo dopo l’esordio della malattia.

Fonte: Wilkins R.H., Brody I.A.: “Alzheimer’s Disease”. Archives of Neurology 21:109-110, 1969.
Fonte: DSM IV-TR

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François, Jacob, Il topo, la mosca e l’uomo (1998)