La criptomnesia, ovvero il furto di idee altrui...

La storia ci riporta numerosi esempi di casi in cui persone cercano di rivendere, come proprie, idee o opere che in realtà appartengono ad altri. È capitato con motivi musicali e opere letterarie (parziali o integrali): sembra proprio che Michael Jackson abbia copiato una melodia di Albano (gli verserà, sembra 4 milioni di dollari), mentre Dan Brown è risultato innocente: non ha copiato la trama del suo bestseller Il codice da Vinci da un'opera precedente in cui uno studioso ipotizzava che Gesù fosse sposato con Maria Maddalena e che nel Cenacolo fosse ritratto con la moglie e gli apostoli.

Gli studiosi chiamano criptomnesia il fenomeno per cui una persona produce come nuovo qualcosa che invece esiste già e della cui esistenza il soggetto aveva conoscenza. Per un certo verso, la criptomnesia è il disturbo speculare al falso riconoscimento: in quest’ultimo, una persona riconosce come noto un elemento che non lo è, mentre nella criptomnesia si riconosce per non noto qualcosa che invece dovrebbe esserlo. Il “furto” inconsapevole può essere fatto a danno di opere di altri, oppure persino di proprie opere. Lo psicologo Skinner raccontò lo scoraggiamento che provava quando, negli anni della vecchiaia, si convinceva di avere elaborato una nuova teoria o un nuovo concetto, salvo poi scoprire che in realtà queste teorie le aveva già sviluppate proprio lui, da giovane, e le aveva persino pubblicate.

Gli psicologi che studiano questo fenomeno hanno verificato che il problema alla base della criptomnesia e del falso riconoscimento è analogo: fare poca attenzione alle fonti delle nostre informazioni. Quando codifichiamo ed archiviamo un’informazione in maniera superficiale e veloce, non archiviamo tutti gli elementi accessori (potremmo dire, i metadati): memorizziamo il fatto ma non come ne siamo venuti a conoscenza, oppure memorizziamo un viso ma non dove lo abbiamo visto. L’unico rimedio suggerito dagli psicologi non è, purtroppo, sempre perseguibile: si tratta di prestare maggiore attenzione. Nel corso di un esperimento, i soggetti che venivano invitati ad essere concentrati e a memorizzare tutte le informazioni di cui venivano a conoscenza, hanno dimostrato di avere completezza di dettaglio per quanto riguardava le fonti anche dopo settimane dall’esperimento (cosa che invece non capitò per i soggetti che non erano stati invitati alla concentrazione e alla memorizzazione).

Fonte: Daniel L. Schacter, Il fragile potere della memoria. Come la mente dimentica e ricorda, Mondadori, 2002

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François, Jacob, Il topo, la mosca e l’uomo (1998)